✝️ Ronaldo può tutto, persino essere Cristiano
✉️ Oggi parliamo del 'caso' Cristiano (di nome e di fatto) Ronaldo, dei tifosi inglesi privati della libertà d'espressione e di come l'UEFA vuole conquistare la Generazione Z.
C’è questa fake news - quanto ci piacciono gli inglesismi, danno serietà ai discorsi più banali - riguardante una presunta polemica dei sauditi nei confronti di Cristiano Ronaldo, Sua Eccellenza Cristiano, per aver esultato dopo un calcio di rigore (sic!) facendosi il segno di croce. Subito dall’Europa (mica dall’Arabia Saudita, o dal Qatar) si è sollevato un polverone mediatico acchiappa click e accalappia like: il coraggioso Cristiano ha rischiato la vita, per un gesto così eroico e pregno di consapevole libertà! Ma quando mai. Forse non si è capito che in Arabia Saudita non sono stupidi, e non rovinerebbero mai un progetto così ambizioso per una cosa simile. C’è chi ha parlato addirittura di ‘gesto’ punibile penalmente, evidentemente spinto da un’islamofobia o saudifobia (vi piace? questo è un nostro neologismo) tanto accentuata quanto più gretta e priva di contenuti.
Ieri però poi tutti, più o meno tutti quelli che erano a casa quantomeno, la finale di Champions araba se la sono vista volentieri, tra l’Al Nassr di CR7 - che con quel rigore incriminato si è guadagnato l’accesso alla partita più importante dell’anno in Arabia Saudita - e l’Al Hilal di Milinkovic-Savic, in un derby deciso guarda un po’ proprio da Cristiano il Re, che senza segni di croce - ma con un brillocco cristiano saldamente posizionato sul lobo dell’orecchio sinistro - ha esultato tre volte nell’arco di 90’: due volte perché in gol, una volta - da infortunato, come nella finale dell’Europeo del 2016 - perché pronto ad alzare la coppa (pacchianamente simile a quella dei mondiali: chissà Labranca cosa avrebbe scritto a proposito) numero 34 in carriera. Perché mai l’Arabia Saudita dovrebbe privarsi di un volto capace, praticamente solo con la sua presenza, di rendere appetibile un campionato che a livello tecnico (vedere i gol per credere) rimane di livello bassissimo (con buona pace dell’inviato della Rosea Filippo Maria Ricci)?
Intervistato dalla Gazzetta il CEO del campionato arabo Carlo Nohra ha detto: «vogliamo arrivare nella top 10 dei grandi tornei importando qualità, come stiamo facendo ora». Ma per farlo, lo sa benissimo Nohra, non si può prescindere da CR7 e tutto ciò che ne costituisce l’aura: «Dal suo arrivo, solo per metà stagione, tutti i valori della Saudi Pro League sono cresciuti del 150%. Ma la cosa più rilevante è l’impatto globale, l’interesse che ha generato, e ha aiutato ad attrarre gli altri giocatori. Le faccio un esempio concreto: prima di Ronaldo la SPL era trasmessa solo nella regione araba. Dal suo arrivo siamo passati a 45 broadcaster (compresi La7 e Sportitalia, ndr) per 170 Paesi del mondo, e iniziamo a monetizzare. È ovviamente ancora molto poco rispetto a ciò che vogliamo ottenere, ma l’ago della bilancia si muove: migliorare le prestazioni sul campo serve esattamente a questo, a commercializzare».
Obiettivi chiarissimi, risultati certi e progetti a lungo termine: ma quale calcio succursale? ma quale paragone con la Cina? Figurarsi un po’ se un segno di croce può cambiare le cose. Toccherebbe infine essere informati, diciamo con nozioni di base, sul Corano e la sunna islamica, per venire a conoscenza di una verità scottante per noi suscettibilissimi europei: Maometto non solo conosceva il cristianesimo, da mercante navigato qual era, ma il Corano cita esplicitamente Gesù e persino la Vergine (così definita) Maria. Ecco, ora sapete persino qualcosa in più sull’Islam, che non fa mai male un po’ di cultura a tempo perso. Soprattutto se a farvi perdere tempo è chi cerca la polemica in mancanza di ulteriori argomenti.
È tutta una Folleague!
Paladino di un calcio più equo, più aperto, più inclusivo, più tollerante, più etico e più democratico, Ceferin mal sopporta la supremazia del denaro quando si parla di sport. E dunque è sceso in campo, convocando una riunione di emergenza per dare una risposta immediata all’espansionismo arabo.
💔 Al termine di un meeting di tre giorni svoltosi a Nyon, la UEFA ha così deliberato l’istituzione, con effetto immediato, di tre nuove competizioni: lo scopo finale, ribadito con fermezza, non è aumentare gli introiti, bensì coinvolgere attivamente quelle fasce di persone che si sono disamorate, o si stanno disamorando, del gioco del calcio. Ecco allora la 'Glory League', riservata ad ex calciatori “over 75”. Target: boomers e nostalgici. E ancora la 'Baby League', riservata a bambini di massimo 4 anni, figli di atleti professionisti attualmente in attività. Target: neo genitori e coppie appena sposate. Infine, la più rivoluzionaria di tutte: la 'Fast League'. Target: Gen Alpha e GenZ.
💣 Volete sapere come funzioneranno? E allora leggete il Papelito di Paolo Pollo!
🗣️ Pietro Vierchowod: la Nazionale ai calciatori italiani (intervista a cura di G. Guido)
😱 Inzaghi, il gol e il dolore
Un grido di dolore si affaccia sul volto di Filippo Inzaghi ogni volta che la palla va dentro e a farlo è stato lui. Quando segna, Inzaghi non ride: urla. La sua felicità è la stessa delle 'doglie del parto' cui è sottoposta la creazione: in una nuova nascita, c'è sempre sofferenza. Il bimbo piange, la madre fatica. E così Inzaghi, quando segna, apre la bocca in modo innaturale, gridando qualcosa come ‹ GAL ›. È il gol, quindi, ma non è felicità: è sudore.
In effetti segnare è sempre stato il lavoro di Superpippo. Nel lavoro, dal latino 'labor' (fatica), la dimensione del peso da portare sulle spalle vince quasi sempre su quella del sorriso per averlo svolto bene. Parliamoci senza peli sulla lingua: Inzaghi non dava di certo del 'tu' al pallone, lui viveva per il gol. Al contrario del 'tu', di chi sa trattare la palla con riverenza e delicatezza, Inzaghi preferiva dargli del 'loro'. I gol. La palla non è l'aleph, non è una sfera magica, per Inzaghi. È lo strumento, il viatico che porta al gol. Solo così, solo avendo un rapporto brutalmente utilitaristico col gioco, Inzaghi è diventato Super Pippo. Un calciatore in grado di vincere con le maglie di Juventus e Milan, con quella della Nazionale italiana. Un attaccante capace di finire sesto nella classifica dei marcatori nelle competizioni UEFA per club con 70 reti, nonché decimo come marcatore all-time della Champions con 50 reti. Solo altri sei calciatori hanno segnato come lui una doppietta in una finale di Champions (2006/07). Tutto questo Inzaghi lo ha voluto, e non come un sogno. Ma come il frutto del proprio lavoro.
Il 9 agosto scorso ha compiuto 50 anni una leggenda del gioco.
🛑 Il CPS contro la libertà d’espressione dei tifosi inglesi
La doppietta di Erling Haaland nel match d’esordio del Manchester City in Premier League contro il Burnley ha distolto il dibattito pubblico britannico da una questione leggermente più importante, che pure aveva tenuto banco nei giorni precedenti: i tifosi inglesi e gallesi non potranno più entrare in uno stadio se verranno sorpresi a ironizzare su – o prendersi gioco de – le tragedie ‘calcistiche’ del passato (ad esempio Hillsborough). Il controllo e l’eventuale sanzione cadrà sotto la supervisione dell’organo di giustizia più inquietante che il Regno Unito abbia mai prodotto: il Crown Prosecution Service, CPS, sigla di sventura per i vecchi e cari hooligans.
Tutto questo è francamente sconvolgente e si collega – vuoi pure per analogia – al divieto di casa nostra sul numero 88. Va detto, noi italiani riusciamo sempre a vincere la battaglia dell’assurdo e dell’insensato, soprattutto a livello penale, ma gli inglesi in questo caso non sono stati da meno. A dire il vero il divieto sui cori, sugli striscioni e sugli stendardi sul genere del black-humor (sintetizziamola così) è un tantino più inquietante di quello sull’ottantotto. In quest’ultimo caso infatti più che di inquietudine sarebbe appropriato parlare di idiozia, ma in quello il discorso è totalmente diverso.
Vietare un coro, uno striscione o uno stendardo, o una qualunque altra forma espressiva è di per sé una roba da regime distopico, da romanzo orwelliano o denuncia pasoliniana. Farlo in un contesto nel quale – come direbbe Massimo Fini – sfogarsi è un potente contraccettivo sociale alla vera violenza (quella della strada, per intenderci, quella che avviene fuori dagli stadi per capirci) è persino paradossale però. Comunque, siamo convinti che in Inghilterra i tifosi di una volta sono scomparsi, nonostante tutti gli sforzi che possiamo fare per ritrovare in un campionato superleghistico le briciole di un movimento hooligan corroso dal tempo. E da alcune leggi, come questa e peggiori di questa – pensiamo qui ai mirabolanti metodi Thatcher –, che hanno prima affossato e poi ammansito i facinorosi degli stadi nel Regno Unito.
Le conseguenze dell’atto promosso e sposato dal capo della Football Association, col pieno sostegno del governo inglese as obvious, sono incredibili: il divieto più grave è quello a cui già accennavamo prima, divieto quindi di entrare allo stadio (i tempi poi li decide il CPS), ma quello più distopico riguarda l’ingresso nei pub «while games are taking place» (mentre si gioca la partita). Douglas Mackay, ai vertici del CPS, ha dichiarato che «una piccola minoranza di così detti ‘tifosi’ stanno danneggiando la reputazione dello sport (quale?, ndt) e, cosa più importante, le offese stanno avendo un impatto devastante sulle famiglie delle vittime delle tragedie». Tutto corretto, per carità, ma anche qui: come distinguere una tragedia da un’altra? Diciamo proprio a livello giuridico, quale sarebbe il discrimine? Il Guardian ipotizza che nel lotto dei disastri sul quale è vietato proferire parola vi siano Monaco di Baviera (1958), l’incendio di Brentford (1985), Hillsborough come detto e la morte di Emiliano Sala (21 gennaio 2019). Ma il nocciolo della questione rimane aperto a infinite possibilità: tutte quante, in ogni caso, a detrimento dei tifosi. Che saranno pure zozzi, maleducati e ignoranti, ma anche esasperati da politiche deprimenti e leggi assurde: queste ultime sì incapaci di giudicare il caso singolo e sempre pronte alla generalizzazione di massa.