Questa non è solo la storia di un annoiato adolescente serbo non ancora sedicenne e decisamente sovrappeso che, alle 15.51 del 7 febbraio 2011, scrisse su Facebook “Qualcuno ha voglia di giocare a basket?" senza ottenere risposte. Nikola Jokic da Sombor, cittadina di 40.000 persone vicina al confine con l’Ungheria pesantemente bombardata dalla NATO del 1999, è molto più di un outsider di successo. Strahinja e Nemanja, i fratelli maggiori di 13 e 11 anni, ricordano molto meglio del fratello quei tragici momenti. Forse qualcosa ha scavato dentro, dato che si divertono a bullizzare Nikola. Che però non sembra farne un dramma.
A differenza del clima generale della Serbia dei primi anni duemila lui non appare oberato da pesi sull’anima: è mite, rilassato, pigro. «Mio padre mi dice sempre che sono molto calmo, a differenza dei miei fratelli. Per farmi incazzare devi farmi qualcosa di davvero brutto». Ha decisamente qualche chilo di troppo, e nulla farebbe pensare che con la palla in mano sappia dire la sua. Seguendo i fratelli al campetto si è appassionato al basket ma ha un’altra passione, ben più forte: quella dei cavalli. Vorrebbe diventare un fantino ma il padre, notando che ormai il ragazzino va per i due metri, gli risponde così:
«prima diventa un giocatore di basket, poi avrai tutto il tempo per fare il fantino».