🐫 L'Arabia Saudita (quasi) ci fa rimpiangere la Superlega
✉️ Oggi parliamo di utopie e distopie saudite nel pallone, di Silvio Berlusconi e della nuova maglia degli Azzurri, ma anche di Lecco e del suo tifo.
'Perché tutta questa preoccupazione? Non ricordi la Cina, sulle prime? Quanti campioni ha portato via dal calcio europeo? Quanti proclami ha fatto sulla propria nazionale, e poi? Puff, il nulla più assoluto'. Ma davvero vogliamo paragonare quell'operazione e quelle cifre alla rivoluzione araba nel calcio alla quale stiamo assistendo? Vogliamo far finta, forse, che Benzema Kanté Zyiech siano giocatori finiti? Nossignore.
Partiamo dalle nazionali, però. In concreto, nonostante i grandi allenatori orbitati da quelle parti (Lippi vi dice niente? Capello?), come è progredito il calcio cinese? Quale risultato ha ottenuto a livello sportivo la nazionale? Nossignore. L'Arabia Saudita è un'altra pasta, e lo abbiamo visto ai mondiali. Il Qatar, nato l'altro ieri, è uscito malamente ai gironi (con zero punti), ma ha vinto la Coppa d'Asia nel 2019. Dietro la rivoluzione economica del calcio arabo, detta altrimenti, c’è un progetto più profondo, un disegno contornato di soft-power che ha radici lontane nel tempo.
Arriviamo però al vero motivo della nostra inquietudine (ce la concederete, speriamo): il calciomercato. Come l'acquisto di Neymar nel 2017 aveva ufficialmente aperto la stagione della primavera qatariota - culminata col Mondiale disputato appunto in Qatar nel 2022 - così gli acquisti di Ronaldo, Benzema e Zyiech (per non citare che i più prestigiosi, ma siamo convinti non siano gli ultimi) spianano la strada al mondiale del 2030 in Arabia Saudita (molto più di un semplice rumor).
Nel calcio, d'altra parte, niente è casuale, e già negli ultimi anni le varie finali nazionali (Supercoppa, Coppa Italia e Copa del Rey) disputate in quei lidi dell'Oriente qualcosa hanno significato. Notizia di ieri, poi, è l'acquisizione (prossima all'ufficialità) del Manchester United da parte del Qatar (sic!) per 6 miliardi (SIC SIC SIC!) di euro. Ci chiediamo, allora, espandendo il discorso al Medioriente: di fronte a queste cifre, come può competere il calcio europeo? Arriveremo a rimpiangere la Superlega? Dio ce ne scampi e liberi, magari restituendoci un calcio a misura d’uomo.
Berlusconi, la rivoluzione di un arcitaliano
Gianni Brera, che ne ha coniato l'appellativo di Cavaliere, un giorno per descrivere Berlusconi disse: “egli dev’essere nato da un amplesso vagabondo di Giove”.
Berlusconi ha infatti senz'altro incarnato pregi e difetti degli italiani: l’amore per le donne, l’eleganza, il carisma ammaliante, l’ottimismo; ma anche la presunzione, la furbizia maliziosa, la chiassosità inopportuna e l’assenza di scrupoli morali. Dagli italiani ha infine ereditato anche la più grande passione, quella per il calcio.
In questo settore, come per la televisione, Berlusconi è stato un rivoluzionario. E il calcio di oggi, il calcio spettacolo, il calcio degli sceicchi è figlio di quel giorno: di quel lontano 1986, quando divenne Presidente dell'AC Milan.
✍️ L’articolo di Michele Larosa
Il Triplete al contrario, o della mancata cattiveria (di A. Brondino)
Senza Maldini, ma con i numeri di Moneyball (di V.A. Amendolara)
Alle origini della prima (bianca) maglia della Nazionale ⚪
Adidas ha presentato la nuova maglia della Nazionale Italiana di Calcio nel 125° anniversario della sua nascita. Sull'estetica, c'è poco da dire: questa è senza dubbio una delle più belle maglie mai indossate dalla nostra nazionale. Il bianco è elegantissimo, e i dettagli in oro danno alla casacca una regalità d'altri tempi. Ma a cosa è dovuta la scelta di questo colore? Prima di tutto la storia: la prima maglietta indossata dalla Nazionale italiana contro la Francia (era il 1910 e si giocava all'Arena di Milano, vittoria dei nostri per 6-2), era bianca - come i calzettoni e i calzoncini. Ma, di nuovo, perché?
Secondo una prima risposta, di natura economica, avere una maglietta colorata costava troppo, così si optò per un colore neutro - in attesa di scegliere il vero colore della Nazionale di calcio. A questa ricostruzione (confermata dall'autorevole fonte della FIGC) se ne affianca un'altra, di natura calcistica: all'epoca, infatti, era la Pro Vercelli l'indiscussa regina del nostro calcio. Così si decise all'unanimità di riprendere l'estetica di quella divisa - invero, non completamente bianca - per una questione di prestigio. Ma questa ipotesi è più leggendaria che storica.
🔵 La nostra divisa divenne azzurra (maglia e calzettoni, con i calzoncini ancora bianchi) quando, nel 1911 contro l'Ungheria, si scelse di premiare il 'blu Savoia' che cinge il vessillo dell'omonima casa in quel momento regnante nel nostro Paese.
Quel ramo del tifo del Lecco
Tornando da Lecco-Padova (2-1, dell’11 dicembre scorso), il nostro romanziere e foto-reporter Simone Meloni ci raccontava, estasiato, del clima prima durante dopo la partita nella piccola città lombarda. I colori sono quelli del cielo, lo stemma ritrae l’animale che il cielo domina: l’aquila. Con queste premesse, il cammino - anche quando impervio - porta lontano. Il Lecco è ad un centimetro da un’impresa. Meglio, è a 90’ dalla stessa. Per ottenere il pass alla Serie B, i lombardi oggi alle 17.30 non devono perdere contro il temibile e altrettanto storico Foggia. Nell’attesa di una partita dall’immensa carica emotiva, riproponiamo quel reportage di Simone Meloni di cui sopra sul Calcio Lecco e i suoi tifosi, la sua gente.