José Mourinho è stato romanismo puro
Cosa ha rappresentato Mourinho per la Roma e la Roma per Mourinho.
Incredulità, smarrimento, frustrazione, incertezza; per alcuni un senso di tradimento, per altri di vuoto, per altri ancora di sollievo. Sono questi i principali stati d’animo che hanno scombussolato l’universo romanista negli ultimi giorni, investito dalla notizia di un esonero, quello di José Mourinho, con effetto tanto immediato quanto prorompente. «Chi pensa che Mourinho paghi i pessimi risultati della squadra sottovaluta tremendamente i rapporti interni», ha scritto subito Roberto Maida, giornalista assai inserito nelle dinamiche Roma, sul Corriere dello Sport. Continuando:
«La verità è che Mourinho ha perso la Roma per sempre a Budapest, dentro a una finale sfortunata e polemica, che ha provocato una reazione scomposta contro l’arbitro Taylor e una pretesa rumorosa verso i Friedkin ('Merito di più, non voglio più essere lasciato solo')».
Una postura e uno stile che i Friedkin – che invece con la UEFA si sono subito scusati – non hanno mai digerito, assieme a tutte le uscite tipicamente mourinhane (sulla rosa, sul mercato, sulla dimensione di questa Roma) che ponevano sul banco degli imputati, più o meno direttamente, la stessa proprietà. Tant'è che Dan Friedkin, ricostruiscono i giornali, voleva sostituire Mourinho già all'indomani del 4-1 subito a Genoa, laddove invece fu decisiva la mediazione di Tiago Pinto; e addirittura rideva, si vocifera, alle domande sul possibile rinnovo dell'allenatore portoghese. Insomma, una distanza tra le parti incolmabile e plasticamente rappresentata nell'incontro/scontro finale, in cui insieme all'esonero sono volati stracci e parole grosse.
Eppure José negli ultimi tempi aveva provato a colmarla, la distanza, facendo leva su quei tifosi che un ruolo tanto centrale avevano rivestito nella gestione Friedkin, tornati in massa allo stadio con percentuali bulgare di tutto esaurito (46 sold out) e ostinatamente compatti attorno a squadra e allenatore. Mourinho si era legato indissolubilmente a loro, come forse nessuno, e aveva cercato di farne valere il peso specifico nella questione rinnovo, mettendo sotto pressione una proprietà certo intenzionata a rompere con il tecnico, ma senza intaccare la connessione sentimentale (e quindi economico/commerciale) creata con la piazza. 'Provvidenziale', paradossalmente, è stata una serie di risultati negativi sfociata nel derby e nella sconfitta di Milano.
Questa ha consentito ai Friedkin di tirare le somme e soprattutto rilanciare con l'operazione – sgradevolmente populista – Daniele De Rossi, specchietto perfetto per le allodole giallorosse, tagliando fuori i tifosi dal processo decisionale (ma ancor prima emotivo) ma blandendoli con il simbolo, capitano e guerriero DDR. Così il padrone ha fatto capire a tutti chi comanda, svelando il suo volto prepotentemente americano, ma allo stesso tempo ha compiuto un azzardo estremo. Perché Mourinho a Roma non è stato solo un allenatore: Mourinho per il popolo romanista è stato un padre, un fratello, un maestro; un tribuno e un sindacalista; un capo carismatico e un comandante vittorioso. Un messia della vittoria, della speranza e del riscatto, per tanti. Un romanista tra i romanisti, per (quasi) tutti.