🟢 Contrasti ULTRA #2
Oggi parliamo (bene) di Djokovic e (meno bene) di Sinner, di Yamal, di Richarlison, della crisi del calcio tedesco, del Derby di Milano e dei fischi a Donnarumma.
Meno Sinner, più Djokovic
Che noia il mondo moderno, il calcio moderno, il tennis moderno. Che noia, signori miei, Jannik Sinner. Che terribile monotonia qualsiasi cosa che lo riguardi, dalle sue partite – tranne quelle con Alcaraz, che per quanto non mi vada a genio è una vera rockstar, l’unico che riesce a giocare insieme per il pubblico e per se stesso – a, soprattutto, le sue dichiarazioni, le sue interviste, le sue pubblicità. Mai un guizzo, mai uno spunto, mai anche solo una speranza di un qualsivoglia spiraglio da poter aprire per costruire, formare, inventare una narrazione su questo bravo ragazzo, talmente piatto da non poter nemmeno essere dipinto come il bravo ragazzo, quello di cuore o della porta accanto.
Perché Jannik è tanta testa, ma poco cuore. Sempre così impostato che dichiara di non potersi permettere neppure un dessert, un tiramisù o una panna cotta, malgrado i dolci per sua stessa ammissione lo facciano “impazzire”; che non beve né vino né birra, che ha bandito i fritti, che ammette di essere “programmato così”. Noioso, povero Jannik, come una conferenza universitaria, come un evento elettorale di +Europa (esiste ancora? Chissà). Un tennista che non appassionerebbe nemmeno un drogato sotto Peyote, di quelli felici e che si emozionano per ogni cosa, anche per la forma delle proprie mani.