🤬 Benjamin Mendy è solo l'ultima vittima della cancel culture
✉️ Oggi parliamo di Mendy, dichiarato innocente nonostante la cancel culture che ha provato a distruggerlo, ma anche di Jordan Henderson che ha voltato le spalle agli LGBT e di molto altro.
Dopo due anni di orrori giudiziari e giustizialismi social, Benjamin Mendy è stato assolto. Per essere più precisi: da un punto di vista prettamente giuridico, sono decadute tutte le accuse di stupro – in totale, nove capi di imputazione – che pendevano sul suo capo da più di ventiquattro mesi. Ma da un punto di vista etico, il danno è fatto, compiuto e irreparabile. Lo ha giustamente fatto notare su Instagram il suo collega Memphis Depay:
“E ora che si fa? Chi aiuterà questo mio fratello a guarire? Chi sarà responsabile per il danno alla sua reputazione? Come farà a riavere indietro la sua carriera? Chi gli restituirà tutti questi anni di sacrifici per diventare un calciatore professionista? Non possiamo accettare che questo accada a noi atleti. Chi ci difenderà nel momento del bisogno, e non quando il danno è già stato fatto? Non distogliete lo sguardo gente! Chi ca**o difende noi atleti? Dove sono le grandi associazioni quando ne abbiamo bisogno? Preghiamo tutti affinché Benjamin riacquisti la salute mentale, la forza fisica e spirituale!”.
Già lo scorso anno, in un articolo che parlava proprio di questo tema, facevamo sommessamente notare come «il ritmo della cancel culture non segua quello giuridico. Va molto più veloce». Se il danno giudiziario ‘è riparabile’, per intenderci, in quanto la colpevolezza va dimostrata fino a prova contraria (è il caso di Mendy), quello morale, spirituale come dice Depay con un bel termine, è assai meno ricomponibile.
«In un mondo, quello online, in cui sembriamo contaminare di nostre tracce ogni click, impressiona la rapidità con cui l’impronta “sociale” di un calciatore vincitore di un Mondiale e tre Premier League venga appunto cancellata». Lo ha fatto Fifa22, epurandolo dal gioco. Lo hanno fatto Twitter, Instagram, Facebook, social dai quali Mendy è scomparso dall’oggi al domani. Manco fosse una puntata di Black Mirror, la sua vita si è spezzata con un’accusa – certo grave, ma infondata.
L’unico modo per onorare Mendy, forse, ma come lui tanti altri – pensiamo solo a Greenwood o, per un altro tipo di accusa, Signori –, è quello di imparare la lezione. Anziché giudicare, aspettare sempre la decisione della corte. Non eliminare, ma sospendere il giudizio al limite. Probabilmente però la nostra è utopia e quello di Mendy non è che lo spiacevole riflesso di una cultura impazzita ormai da un po’. Che si permette di giudicare sempre e comunque, fregandosene della giustizia (vera e propria), che mentre sensibilizza su temi relativi a minoranze e rispetto reciproco impiega appena due click ad eliminare vita, vissuto e sostanza di un povero imputato. Niente di nuovo insomma sotto il sole occidentale.
Il Tottenham è un club maledetto
🏴 Da qualche anno Collins ha inserito 'spursy' ( = di colui che delude le aspettative) come neologismo nel proprio prestigioso dizionario, e persino due allenatori come Conte e Mourinho (vincenti per antonomasia) hanno dovuto fare i conti con 'la maledizione' del Tottenham. Lo sa anche la dirigenza Spurs, che ha infatti deciso di puntare su Ange Postecoglou, sorta di stregone-profeta greco dalla vita misteriosa e affascinante.
🔮 Ma da dove nasce questa leggenda? Davvero il Tottenham è un club maledetto? Abbiamo scavato nella storia e nei simboli del club del Nord di Londra per cercare qualche indizio. Quello che abbiamo scoperto è andato ben oltre le nostre attese.
✍️ L’articolo di Gianluca Palamidessi.
🎾 Adriano Panatta, un mito tutto italiano (di M. Larosa)
🛡️ A difesa di Sergej Milinkovic-Savic (di G. Casci)
🔉 Mbappé è Mbappé, e voi non siete un (di F. Brasile)
⚽ Paolo Di Canio, al calcio come alla guerra (di D. Morganti)
🔴 Daniele De Rossi per altri cento anni
Nel maggio 2019 un articolo di Repubblica, dal titolo “La rivolta di De Rossi e dei tre senatori contro Totti” e sottotitolo “Una stagione buia, il licenziamento dell’allenatore Di Francesco e il misterioso addio al capitano: ecco cosa è successo davvero”, aveva sollevato un vero e proprio polverone a Roma (e non solo). L'allora capitano giallorosso aveva parlato di una ricostruzione «complottista, totalmente falsa, diffamatoria e lesiva del suo onore e della sua reputazione», chiedendo le scuse e la rettifica immediata. Acclarata l'indisponibilità de La Repubblica a fare un passo indietro, De Rossi decise di querelare gli autori dell'articolo (Carlo Bonini e Marco Mensurati) e il giornale per diffamazione.
👨🏻⚖️ Ora è arrivato il verdetto del Tribunale di Roma, che ha dato ragione al giocatore e condannato la controparte a un risarcimento danni pari a 27.000 euro più il pagamento di 9.000 euro di spese processuali. Soldi che, aveva già fatto sapere De Rossi, nel caso avrebbe devoluto interamente all'ospedale Bambin Gesù.
🏥 «Si è dimostrato che quelle ricostruzioni infamanti, che mi avevano profondamente ferito e amareggiato, erano totalmente false - ha commentato De Rossi -. Nessuno mi restituirà la serenità che ho perso in quel periodo, quando sono stato accusato di comportamenti lontani anni luce dalla mia storia umana e professionale. L’unica mia consolazione è che a beneficiare del risultato di questa causa sarà il reparto oncologico del Bambin Gesù».
Buttiamo in mare il tifoso ragioniere! 🌊
Ieri sera sentivo che l’Inter dovrebbe pagare 6 milioni al Bayern Monaco per liberare il portiere Sommer ma, visti i “buoni rapporti” tra i due club, il Biscione potrebbe anche ottenere uno sconto. Che pena, amici. Qualche anno fa il buon Massimone avrebbe chiuso il discorso svuotando il portamonete, e rimarcando con accento bauscia che l’amico bavarese avrebbe potuto tenersi il resto. Al di là della nostalgia, l’amara e lapalissiana verità è che sono cambiati i tempi, ma soprattutto siamo cambiati noi tifosi.
Un tempo il calciomercato evocava speranze e sogni, evasioni da dormiveglia sotto l’ombrellone, con il giornale stretto tra le mani. Le nostre fantasie amorose andavano di pari passo con le trattative: l’entusiasmo per gli amori sbocciati a giugno, la delusione per i tradimenti di luglio, l’ansia per le conquiste di fine agosto, le promesse di rivedersi al prossimo solstizio estivo. Oggi abbiamo perso quella spensieratezza, la voglia di vivere e di rischiare fino a soffrire, di abbandonarci ad utopie infantili, costruendo castelli di sabbia destinati ad essere travolti dalla prima onda.
Siamo diventati freddi, calcolatori e volgari, come chi parla sempre di soldi perché non ne ha.
Con un lessico fintamente forbito, una trama di supercazzole per non confessare la crisi tecnica e gestionale, prima ancora che economica, del nostro calcio, ci hanno corrotto la lingua e quindi avvelenato la mente. Ci ritroviamo a straparlare della diversa convenienza tra obbligo e diritto di riscatto, di bonus, di percentuali sulla futura rivendita, sulla necessità “di vendere prima di comprare”. Abbiamo perso il senso dell’estate e del calciomercato. L’evasione dai nostri problemi quotidiani, dal caro benzina ed energia, dal mutuo e dall’affitto, dall’inflazione che ci mangia la busta paga. Non sappiamo più emozionarci per una giocata ed un sorriso; prima ancora di rincorrere un onirico aquilone di piacere, facciamo i conti su quanto costerebbe vestire il 10 con la nostra maglia e portare la bella fuori a cena.
Inutile vivere fuori dal mondo, rifugiarsi nella nostalgia e rimpiangere il Presidente principe rinascimentale, ma almeno rivendichiamo il diritto di fare gli splendidi con il portafoglio altrui! Proprio perché i tempi impongono risparmio, revisioni di spesa e la cinghia tirata, reagiamo in senso contrario. Al costo di passare per illusi ed insoddisfatti a settembre, esigiamo che il fondo straniero faccia follie e che il presidente (in primis se straniero) dilapidi il patrimonio di famiglia per la gioia egoistica di noi tifosi. La società non deve investire, deve spendere, in barba all’ipocrita fair play finanziario. Un invito alla frode finanziaria? Nemmeno per scherzo, anche se chi dovrebbe vigilare su condotte penali e finanziarie permette agli squali di continuare a nuotate nelle solite acque (chiedere di Ferrero, Tacopina, e co.). Dobbiamo ripudiare la pesantezza del revisore di conti, svestire i panni del contabile, riscoprire la beata leggerezza dell’essere tifosi. D’altronde si dice che sognare non costi nulla.