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Albert Camus, il calcio ti insegna a vivere
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Albert Camus, il calcio ti insegna a vivere

Controritratto dell'intellettuale calciatore e calciofilo.

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Rivista Contrasti
gen 04, 2024
∙ A pagamento
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La genesi del rapporto tra Albert Camus e il calcio è spesso ridotta alla celebre – quanto inesatta – citazione che recita: “Ce que je sais de la morale, c'est au football que je le dois” (Quel che so della morale lo devo al calcio). Come cercheremo di mostrare, però, queste parole riassumono in modo approssimativo sia 1) il rapporto di Camus col pallone sia 2) il ruolo che quest'ultimo ha avuto sul Camus politico, letterato, filosofo. Tanto per cominciare, la reale citazione di Camus sulla morale è sensibilmente diversa da quella di cui sopra:

“Le peu de morale que je sais, je l'ai appris sur les terrains de football et les scènes de théâtre qui resteront mes vraies universités” (Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro – le mie vere università).

Questa citazione, più lunga della prima, è anche maggiormente significativa. Camus non si limita ad unire l’elemento teatrale a quello calcistico – come fa ad esempio Pasolini – ma sottolinea la propria estraneità al mondo accademico-intellettuale. La “vera università” di Camus è l’area piccola, l’amicizia che si coltiva in uno spogliatoio, le lacrime e i sorrisi prima e dopo i novanta minuti, lo spazio teatrale, infine, come riflesso dell’innocenza calcistica.

Quando Charles Poncet chiede a Camus cosa preferisca tra il calcio e il teatro, lui risponde: «Il calcio, senza esitazione». Anche perché nel teatro letterario che popola la produzione di Albert Camus, il calcio trova sempre il modo di entrare nella narrazione. Ne La Peste (1947), l’amicizia di Rambert e Gonzalès germoglia intorno all'amore per il calcio. Ne Il Primo Uomo (romanzo postumo e incompiuto pubblicato nel 1994) l’alter ego di Camus, Jacques, scopre il calcio giovanissimo, durante la prima ricreazione scolastica della sua vita. Lo scrittore si proietta anche in Jean-Baptiste Clamence, l’eroe de La Caduta (1956):

«Ancora oggi le partite della domenica in uno stadio affollato e il palco di un teatro, che ho amato con una passione senza pari, sono gli unici posti al mondo in cui mi sento innocente».

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