AEK Atene, nel segno dell'Impero bizantino
Una tifoseria che trae il suo simbolismo dalle radici cristiane della città.
Il 29 maggio del 1453 cade Costantinopoli, con essa l’ultimo brandello dell’Impero romano d’Oriente. Per l’ultima volta i cristiani d’Oriente regnano sul Bosforo, sostituiti dall’Impero ottomano. Hagia Sofia, da più importante chiesa esistente, diviene la moschea del più potente impero del Mediterraneo.
Intanto, i greci che orgogliosamente si autodefinirono romani fino alla morte in battaglia del loro ultimo imperatore Costantino XI Paleologo durante l’assedio, cadono sotto il dominio della Sublime Porta.
Eppure, il vessillo dei Paleologi continua a sventolare, tra i monasteri e le chiese della cristianità ortodossa, affiancato dall’aquila bicipite che sarà anche dei popoli balcanici, Serbi su tutti, dei Russi infine quali eredi di Roma.
Quando la Grecia consegue la propria indipendenza, lo fa nel nome di Bisanzio, molto più che nell’idea di un ritorno alla classicità ellenica, come sognato e auspicato dai romantici europei. Sintomo dell’incomprensione, ancora viva, tra ciò che l’Occidente ritiene desiderino le altre collettività e la realtà.
Anziché Atene, i greci vorrebbero avere nuovamente Costantinopoli come capitale, reclamando i territori della più antica colonizzazione ellenica in Asia Minore, costituendo un nuovo impero romano d’Oriente, sul solco della cosiddetta “Megali idea”, sogno irredentista che alla fine della Grande Guerra spinge i greci vincitori a fianco dell’Intesa a reclamare la propria fetta di bottino occupando Smirne e l’entroterra e la Tracia fino quasi a Costantinopoli.
La reazione dei turchi, guidati da Kemal “Ataturk”, provoca il drammatico esodo dei greci dalla propria patria d’origine. Ne scaturisce la crescita abnorme di Atene, che accoglie la maggior parte dei profughi greci dalla Tracia e dall’Asia Minore.
Nei sobborghi della capitale, fatiscenti e poverissimi, sventolano però le bandiere di Bisanzio. L’aquila bicipite su sfondo giallo diviene elemento identitario di un passato drammatico e fantasma con cui fare i conti. Lo sport e il calcio raccolgono un simile seme, da cui germoglia la squadra dei profughi, la squadra dei greci d’Oriente, dell’aquila bizantina: l’AEK di Atene.
Letteralmente: l’Unione sportiva di Costantinopoli.